Tornare al Mondo

Come ha ricordato Stefano, domenica e lunedì si decide il nostro futuro; non il futuro dei “comunisti”, non il futuro dei “coglioni”, ma il futuro di tutto il Paese o perlomeno di chi ne ha minimamente a cuore le sorti, il futuro di chi va oltre all’infimo ragionamento del tipo “se tolgono l’Ici posso andare dal parrucchiere/ in palestra una volta in più al mese”. E purtroppo è ancora molto diffuso questo genere di pensiero egoistico, qualunquista, crassamente ignorante.
Cosa accadrà se, fortunatamente, vincerà l’Unione e Romano Prodi diventerà il prossimo Presidente del Consiglio? La parte sostanziale dei cambiamenti che ci possiamo aspettare si può leggere qui http://www.unioneweb.it/il-programma-dellunione/ , ma c’è un altro livello di trasformazione non immediatamente individuabile, non scritto nel programma di Governo perché implica i processi inesorabili ma sottili della Storia. Il 28 aprile 1993 giuravano i ministri del governo Ciampi; dopo la (auspicata e salutare) bufera di Tangentopoli questo era il primo governo italiano i cui ministri portavano dei nomi rispettabili, mentre la cosa non riuscì al primo governo Amato che vedeva fra le sue fila gli ultimi scampoli del corrotto sistema partitocratico detto “Prima Repubblica”.
Quello stesso 28 aprile iniziava, per l’Italia, un lungo processo di trasformazione in direzione della democrazia compiuta, dell’apertura all’Europa e al mondo, verso un risanamento generale che andava dal senso della legalità ai conti pubblici.
Un anno dopo, la prima battuta d’arresto: Berlusconi scende in campo e vince le elezioni, ma rimane in carica solo tre mesi grazie allo sgambetto di Bossi. Bisognerà aspettare fino al 1996 e alla vittoria della prima reale, autentica coalizione di alternanza in cinquant’anni di storia repubblicana; la democrazia sembra avviarsi verso la sua forma compiuta, partecipativa, il Paese sembra imboccare la strada della modernità irreversibile, della normalità. L’esperimento dura troppo poco per produrre dei frutti concreti e nel 2001 succede quello che amaramente sappiamo. L’Italia si ferma, anzi arretra sfidando le leggi della Storia e quelle contenute nel Codice Penale.
La vittoria dell’Unione significherebbe riannodare i fili dove si erano lacerati e attribuire un significato a quegli otto anni di parentesi in un ciclo storico ormai troppo lungo e nefasto, un ciclo che si era aperto nel 1922 con la presa del potere da parte dei fascisti ed era proseguito senza reale soluzione di continuità fino al 1993 per poi riemergere nel 2001; perché nonostante il passaggio alla forma repubblicana in molti, troppi punti chiave dello Stato rimasero i funzionari del fascismo, i loro eredi, i loro epigoni, i loro nuovi simpatizzanti. Fino al 1993 siamo stati sommersi dall’onda lunga del “ventennio” e la democrazia tanto sbandierata era, in realtà, un sistema incompiuto, bloccato, sclerotizzato nella forma di un più o meno bonario, più o meno sottilmente feroce regime monolitico e inscalfibile. E’ per questo motivo che gli Italiani sono così immaturi, politicamente infantili e irresponsabili. Non hanno avuto tempo per esercitare i loro diritti.
La vittoria dell’Unione significherebbe l’uscita definitiva del Paese dal dopoguerra e dalla guerra fredda, ultimo paese al mondo ad affrancarsi dai suoi rigidi schieramenti contrapposti. La guerra fredda è divenuta più reale in questi ultimi cinque anni rispetto ai sessant’anni precedenti, con la differenza che, crollati i sistemi al di là della Cortina di Ferro, c’è chi quasi non se ne è accorto e continua, perseverando diabolicamente, l’opera di spaccatura del Paese; la guerra fredda è divenuta una guerra fredda interna, assumendo i ridicoli connotati degli episodi che vedevano soldati giapponesi dispersi su isole deserte del Pacifico, sicuri di non doversi arrendere perché fermi nella convinzione che la guerra stesse proseguendo.
Abbandoniamo queste isole deserte e ritorniamo nel mondo.

7 pensieri su “Tornare al Mondo”

  1. Sono appena tornato dal Requiem di Mozart e sono convinto che tra il pubblico convenuto serpeggiasse, con bastardissimo sarcasmo, la volontà di dedica al tipetto.
    Quantus tremor est futurus
    quando judex et venturus
    cuncta stricte discussurus

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